MC Servizi linguistici e i suoi bambini
- mcenerini
- 8 giu
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 8 giu
Gli ultimi quattro anni da freelance sono stati un crescendo di incarichi, responsabilità e soddisfazioni, perché dopo un primo periodo di lavoro come traduttrice e consulente linguistica, ha avuto inizio la mia “nuova vita” da docente di lingue. In questo panorama a volte frenetico, dove mi è capitato anche di dover rifiutare qualche incarico, c’è una costante a cui però non riesco proprio a rinunciare e che quest’anno giunge alla sua terza edizione. Dal 2022, infatti, ogni primavera sono impegnata al Micronido Le Girandole, una parentesi di due mesi che mi concedo tra un corso e l’altro di Business English e Università, appelli d’esame, esami di laurea ecc.
Se penso alla prima volta che mi sono interfacciata con bambini così piccoli (18-36 mesi), mi viene da sorridere, perché ricordo perfettamente quanto mi spaventasse l’idea di gestire una classe così dopo mesi trascorsi a insegnare agli adulti. A distanza di tre anni, mi rendo conto invece del vantaggio della mia “coraggiosa” scelta, perché sono più le cose imparate da questi bambini che quelle apprese dagli adulti. Se l’anno scorso ho superato me stessa con una freshly made fruit salad (con tanto di canzoncina), quest’anno ho optato per attività manuali altrettanto semplici ma efficaci.

Partendo infatti dalla programmazione del Micronido Le Girandole incentrata sull’immagine dell’albero, la pianificazione dei miei incontri di quest’anno si è incentrata sulla storia di “Mr Tree and the little girl”, illustrata nell’omonimo librone della mia collega e amica Isobel Howe, che, di volta in volta, racconto ai miei piccoli studenti, passando in rassegna le quattro stagioni, i colori ad esse associati e alcune coppie di aggettivi opposti: big vs small, happy vs sad, hot vs cold, fast vs slow, dry vs wet.
Nelle foto qui riportate si possono vedere le nostre creazioni legate alla primavera – il cartellone riporta le margherite riprodotte con le manine dei bimbi – e all’inverno, per cui mi sono cimentata nella creazione di una neve speciale a base di bicarbonato e balsamo: profumatissima e fresca, pressoché autentica al tocco, perfetta per un pupazzo di neve in miniatura!

Per calarmi nei panni di un’insegnante di inglese per bambini così piccoli, il materiale e i consigli di Isobel – esperta di didattica infantile – sono stati preziosissimi come pure le nozioni apprese nel corso dei miei studi a Ca’ Foscari, di cui mi preme riportare le parole chiave identificate da Paolo Balboni*, uno dei principali esponenti italiani in materia di glottodidattica:
1. sensorialità è la parola chiave per caratterizzare una didattica per bambini: sensorialità, che implica quell'uso di tutte le facoltà sensoriali dell'uomo: i bambini toccano, annusano, succhiano, guardano e ascoltano le cose, le piante, i giocattoli, tutto; l'insegnamento della lingua non può quindi basarsi su astrazioni, schemi, regole, ma deve partire dal nominare ciò che si tocca, dal descrivere ciò che si vede; un dialogo non avverrà tra due ipotetici interlocutori, ma tra due bambolotti o orsacchiotti o bottiglie vuote di detersivo, con un cappello di carta in testa che li rende «persone» e che vengono comodamente spostati, fatti camminare, cadere, saltare, reggendoli per il manico;
2. i bambini hanno bisogno di motricità, che si sposa alla natura pragmatica e funzionale della lingua, usata per giocare, per fare, per dare istruzioni ecc.: una lingua per fare reale, non astratto, immaginato restando seduti sul proprio banco;
3. ludicità è l'ultima, ma non certo la meno importante, delle parole chiave. Non significa riempire la didattica di games ma avere un atteggiamento da play, per usare le due parole inglesi che in italiano sono conglobate in «gioco». Gioco inteso come attività in cui vigono regole accettate dai partecipanti (tra cui ci può essere quella di usare solo l'inglese, pena un punteggio negativo), gioco fine a se stesso, in cui chi fallisce non vive una tragedia, perché ha perso una partita, «è solo un gioco!»; gioco che è la dimensione naturale della vita infantile, creando situazioni funzionali, in cui si provano in ambiente protetto le dinamiche della vita reale, senza pagare gravi conseguenze per gli errori; giochi in cui c'è il piacere della sfida e si produce adrenalina, che […] si trasforma in noradrenalina, uno dei principali neurotrasmettitori in fase di memorizzazione.
Oltre ai lavori manuali di cui sopra, il metodo da me adottato predilige la musica, con un Circle Time caratterizzato da tre canzoni accompagnate da gesti e flashcard nella fase iniziale di ogni incontro e una musica finale, divertente e intuitiva, da mimare con alcuni movimenti del corpo, per cui i bambini (di ogni edizione) hanno una speciale predilezione.
E sono proprio i loro sorrisi, la loro spensieratezza nello scuotere un telo colorato o nel correre al riparo da una pioggia improvvisata con uno spruzzino che mi incoraggiano ogni volta a fare del mio meglio, a renderli felici. Per non parlare dei loro abbracci e del loro stupore quando vedono la neve o si lasciano rinfrescare con un ventaglio che simula il vento.
Non manca molto al termine di questa terza edizione e mi si stringe il cuore all'idea di non vederli più. Per consolarmi, rileggerò articoli e post come questo, riguarderò le foto e i video condivisi in queste settimane e ricorderò i loro piccoli-grandi passi nel pronunciare una parola nuova o nel seguire le mie indicazioni in inglese. I miei piccoli studenti... My best students!
*Le sfide di Babele, 3^ edizione, UTET Università, Torino, p. 94.




Commenti